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IL TEMPO – Divertimento con «No, grazie, preferisco ridere» scritto e diretto da Rosario Galli

Trovato l’elisir contro tutti i guai del mondo

di FEDERICA VALLUZZI

UNA commedia spiritosa e arguta al tempo stesso senza battute triviali e consunte sul nostro vivere quotidiano. «No, grazie, preferisco ridere», scritto e diretto da Rosario Galli, è un brillante esempio di come si possa ricercare un abbraccio empatico con la platea attraverso ironia e autoironia. Sul palcoscenico si propone e si propina, con dei seminari, la teatro terapia. E uno di questi seminari è proprio la scena della pièce, dove i due personaggi, un’affascinante professoressa di lingue abbandonata più volte dai suoi uomini e un fonico di Cinecittà alle prese con una tirannica moglie, dovranno passare 48 ore chiusi in un teatro per cercare di liberarsi dai problemi e dalle ansie che li opprimono. E riaffrontare a testa alta il mondo che fino ad allora li ha delusi. I protagonisti, seguiti a distanza da un fantomatico guru italo-argentino, presente solo tramite videocassette e sms, vengono sottoposti a prove da superare e giocando a fare teatro impareranno a conoscersi. Armando De Razza, nella parte del fonico, gioca su una recitazione che sceglie le corde del «togliere» invece che dell’«immettere» consapevole del ruolo di mattatore dello spettacolo. Ma proprio per questo, con grande capacità, non enfatizza mai le proprie battute, lasciando agli altri attori tutto lo spazio scenico che meritano. In tal modo, la professoressa Adriana Russo è pienamente libera di realizzarsi nei difficilissimi pluri-ruoli dettati dalla sceneggiatura. Così la vediamo trasformarsi, quasi alla Fregoli, dai panni di un’insegnante tutta di un pezzo a quelli di una casalinga sciatta e sboccata, da svenevole ammaliatrice a romantica signora con problemi d’età. Tra questi due bravi interpreti, si innestano le folgoranti incursioni dell’assistente del guru Raffaella Ponzo. Anch’ella divisa in due ruoli distinti, ma spiritosamente coincidenti: l’irrequieta «Vincenza», con una lingua che a stento sa trattenere, e la mitigata «Soave», nome d’arte secondo il volere del guru Julius che vuole renderla padrona dei propri istinti. Raffaella Ponzo risolve questa esilarante e voluta dicotomia, non solo con dei brillanti guizzi di comicità, ma anche con il medium tutto personale di un sottile e garbato erotismo, che a tratti sembra ricordare lo stile dell’indimenticabile Marilyn Monroe di «A qualcuno piace caldo».
F. V.

Teatro de’ Servi
via Mortaro, 22
fino al 14 novembre

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