OTTO E MEZZO – IL CORPO DELL’ANIMA

OTTO E MEZZO – IL CORPO DELL’ANIMA

Maggio 2, 1999 0 Di Raffaella Ponzo

IL CORPO DELL’ANIMA

di MARZIA APICE

Ernesto, scrittore sessantaquattrenne, ricco e vedovo, abita in una grande casa in un quartiere borghese di Roma. Sceneggiatore, sebbene inattivo da tempo, ha accettato di lavorare ad un film sulla vita di Teresa D’Avila, martire del 1500.
Ernesto decide di assumere Luana, una ragazza di periferia, ignorante e goffa, ma comunque sensuale e provocante. Nonostante le differenze di età, classe e cultura, che li separano, i due diventano amanti.
Le pratiche sessuali eccentriche sembrano unirli, ma Ernesto comincia a diventare sempre più geloso e possessivo nei confronti di Luana, che invece ha un temperamento ingovernabile.
Ernesto invita Luana a partire insieme per una vacanza a Ischia. Forse è il preludio di qualcosa di più importante. Tornati in città, la ragazza lo lascia e scompare dalla sua vita.
Due anni e mezzo più tardi, i due si incontrano per caso nel centro di Roma. Entrambi al ricordo della loro storia si commuovono.
Così Ernesto, prima di darle l’ultimo addio, decide di compiere un gesto di generosità: trasferisce a Luana la nuda proprietà della sua casa.
Il film è una strana ma efficace mescolanza tra sesso-corpo da un lato e sentimento-filosofia dall’altro, una sorta di “melo-tantrico”, per usare un’espressione dell’autore. E’ una storia, quella di Ernesto e Luana, che va al di là di una semplice relazione tra un uomo anziano e una giovane donna.
C’è molto di più: l’unione di erotismo e misticismo, tra trance erotica e trance mistica, proprio perché in entrambe le esperienze si verifica la rottura della corazza dell’ego e l’apertura al mondo nella sua totalità.
Ernesto, borghese inaridito nei sentimenti e chiuso in se stesso, guarisce incontrando due donne: una conosciuta solo virtualmente, Teresa D’Avila, mistica dal grande carisma, l’altra, Luana, volgare, ma generosa, ignorante, ma vitalissima. Sembra paradossale, ma per Ernesto gli insegnamenti della santa si traducono in pratica proprio grazie alla sensualità giocosa e sottilmente perversa di Luana.
Atmosfere ambigue si respirano in quest’ultimo lavoro di Piscicelli: erotismo, volgarità, scherno, ma anche malinconia, sentimento, desiderio di riflettere sul cinema stesso e sul mondo relativo ad esso. Influenze intellettuali e artistiche permeano tutto il film: brani di musica classica (madrigali del ‘500, sinfonie di Debussy, Ravel…), le stesse immagini relative alle opere di Borromini e di Bernini, le due facce del Barocco, così come i movimenti di macchina vengono diegetizzati, nel senso che se al Borromini e ai carrelli si può associare il personaggio di Ernesto, al Bernini e alla macchina a mano si può associare quello di Luana.
Nonostante in alcune scene sia superato l’erotismo a vantaggio della volgarità, in qualche punto persino gratuita, questo film è certamente un passo in avanti per Piscicelli, che ha dimostrato uno stile più duttile, più aperto e più sicuro rispetto ai due precedenti lavori a cui si può ricollegare questa esperienza: Immacolata e Concetta e Regina.