CENTRAL DO CINEMA – Una passeggiata romana per conoscerla meglio
Raffaella Ponzo racconta il set di Scorsese Con Di Caprio e Day Lewis in “Gangs of New York”
a cura di
Zoe Martoni
Nel viso acqua e sapone dell’attrice Raffaella Ponzo, risaltano due occhi piccoli e intelligentissimi: sguardo vivace che gradevolmente stona con la voce profonda e delicata, quanto col temperamento di “ragazza semplice”. Ragazza semplice che attraversa a piedi le strade di Roma, vestita di jeans chiari e camicia abbottonata fino al collo; seducente attrice che fissa, su se stessa, nelle pellicole ove è protagonista, l’attenzione di numerosi uomini e donne.
Tra gli impegni cinematografici di Raffaella Ponzo: Artemisia, regia di Agnes Merlet; Fiabe metropolitane, regia di Egidio Eronico; Gangs of New York, regia di Martin Scorsese, 2002; Il Compagno, regia di Francesco Maselli; Il Corpo dell’Anima, regia di Salvatore Piscicelli , protagonista, 1999; Quartetto, regia di Salvatore Piscicelli, protagonista, 2001; Silenzi Interrotti, regia di Samantha Casella, 2002; Voyeur, regia di Roberto Gandus, protagonista, 2000.
Siamo tutti in trepida attesa del film “Gangs of New York” del regista Martin Scorsese.
Ha più volte ribadito ai giornalisti che la sua è una piccola parte, dunque non le chiederemo anteprime del film, ma soltanto le impressioni dell’attrice Raffaella Ponzo.
Può raccontarci, ad esempio, un fatto curioso che l’ha vista protagonista nel set di “Gangs of New York”?
Il mio è stato un piccolo ruolo anche se sono stata sul set molti giorni. Infatti, un piccolo ruolo all’interno delle riprese di un film che sono durate otto mesi, è come fare la protagonista in un’altra pellicola. Volendo tracciare alcune proporzioni, posso dire che c’è voluta la stessa quantità di tempo per girare “Quartetto”.
Talvolta si immaginano Leonardo Di Caprio, oppure Martin Scorsese come persone irraggiungibili, in realtà si tratta solamente di distanza: intendo distanza mediatica, ossia i giornali, le televisioni, ecc.
Invece stavano tutti lì, sul set, e in quella circostanza si sono verificate delle situazioni un po’ surreali.
Per una scena da girarsi all’interno di una pagoda, erano state chiamate delle comparse cinesi, le quali dovendo girare in orari tremendi, talvolta anche alle sei del mattino, dormivano sopra dei materassini, russando fortissimo. Contemporaneamente, Di Caprio e Scorsese discutevano su come girare il ciak successivo, ma chiedevano di alzare la voce altrimenti sarebbero stati coperti dal russare delle comparse.
Per quanto riguarda Leonardo di Caprio, posso dire che è un ragazzo un po’ strano. Un giorno, ad esempio, ha cacciato una comparsa poiché lo fissava in continuazione, mentre lui non desidera essere guardato con insistenza durante le riprese. Oppure, si divertiva a fare “scherzetti”, come bucare le ruote delle biciclette ai figuranti che dovevano utilizzarle nelle scene successive. Mentre la produzione appoggiava ogni suo atteggiamento da divo capriccioso del grande schermo, alcuni ragazzi magari venuti come me da Cinecittà, lo volevano “corcare”, come si dice in gergo romano.
Osservare Daniel Day Lewis, invece, trasmette un’emozione molto forte, di una intensità che non è possibile provare vedendo recitare gli altri attori: una sorta di “luce negli occhi” che posseggono in pochi.
Tra un ciak e l’altro di una scena dove veniva ferito, Daniel Day Lewis non smetteva di recitare, alzandosi e comportandosi normalmente, ma restava sul set a sentire il personaggio, sempre.
In un’altra scena, dovendo prendere a testate un manichino che nel montaggio avrebbe assunto l’immagine di Di Caprio, Daniel Day Lewis per sbaglio ha ‘cozzato’ contro la parte dura, tra il collo e la testa, del manichino stesso. Anche in quella circostanza, feritosi alla testa, non si è trattenuto dal recitare la propria parte, e suggestivamente il sangue vero si è mischiato a quello artificiale: con un breve trasferimento al pronto soccorso più vicino.
Cosa hanno aggiunto al suo già cospicuo bagaglio professionale la pellicola del regista Scorsese ed il lavorare con la grande produzione americana?
Mi hanno arricchito in quanto ho potuto osservare come lavora la produzione americana, multimiliardaria, che può ripetere i ciak all’infinito, da tutte le angolazioni possibili e immaginabili. Dall’altra sono cresciuta poiché ho potuto conoscere, direttamente, la regia di Scorsese.
In una scena dove sono previsti due attori che dialogano, quello in primo piano recita personalmente le battute, mentre l’altro, momentaneamente fuori campo, si fa spesso sostituire da qualcuno della troupe, ad esempio, dall’aiuto regista.
Differentemente da quanto accade nel cinema italiano, la produzione americana non ammette tali scambi, poiché il comportamento del protagonista cambia a seconda di chi vi sia al di là della macchina da presa. L’attore fuori campo deve pronunciare, comunque, le battute previste sul copione, e continuare a recitare la parte assegnatagli, anche se non inquadrato. Infatti, all’interno della pagoda dove era prevista una scena di sesso, un’orgia, Scorsese ha preteso che vi fosse, effettivamente, un incontro sessuale: Eva Hender ed altri pornodivi sono comparsi sul set di “Gans of New York”.
Nonostante non vi sia un dettaglio o una ripresa dell’atto sessuale, la gestualità, lo sguardo dell’attore cambia in virtù di ciò che accade dinanzi a sé: egli viene condizionato da un’orgia non simulata, ma reale. Questo portare all’esasperazione gli eventi cinematografici è proprio della regia di Scorsese: ciascuno giudichi, poi, se sia lecito o meno fare cinema in questa maniera.
Immagini di essere il più grande critico di tutti i tempi, e di dover rispondere alla seguente domanda: perché scegliere il cinema americano?
E perché quello italiano?
Da critico sceglierei il cinema italiano. Tuttavia, gli americani hanno un grande pregio, quello di essere bravi a “monetizzare”, a rendere luccicante ogni loro prodotto. I monumenti americani ad esempio. Nella piazza dove correva Rocky Balboa, è stata eretta una statua altissima in onore del personaggio in questione. A ciascuno i propri eroi: se noi abbiamo Garibaldi…
Scherzi a parte, gli americani sono bravissimi a creare dei film, dei bei film, da storie molto semplici. Secondo me esiste una differenza tra produrre film e “fare cinema”: a volte un film può essere cinema, oppure non avere le potenzialità per divenire tale. Considero “Magnolia” come cinema, anche se in alcune scene risulta noioso. Viceversa, “American beauty”, che ha vinto l’Oscar, non è cinema, ma risulta comunque un bel film; almeno a mio giudizio.
Il cinema italiano ha una grande storia, anche se tende in qualche modo a sottovalutarsi, a “sfumare” nel tempo…
Dinanzi a sé c’è una donna. La donna non sono io, ma l’attrice Raffaella Ponzo che osserva la propria immagine dalla superficie riflettente di uno specchio.
Che distanza esiste tra Raffaella Ponzo attrice e Raffaella Ponzo donna, lontana da occhi indiscreti, macchine da presa e intervistatrici come me?
Perché non ci rivela un pregio e un difetto delle due Raffaella Ponzo?
Di solito tendo a mescolare il tutto, ossia faccio l’attrice quando dovrei fare la donna, e faccio la donna quando…
Talvolta, non faccio né l’una, né l’altra!
Un grande difetto che ci appartiene è la pigrizia; una pigrizia che supera i limiti. Insomma, non faccio domani quello che potrei fare oggi, ma addirittura dopodomani, tra un mese!
Altro difetto di entrambe è il disordine, la mescolanza di identità, i guai che combiniamo assieme.
Un pregio proprio a Raffaella Ponzo attrice è il narcisismo. Da donna ho imparato a controllarlo, ma l’egocentrismo ritorna ogni volta che subentra l’attrice.
Appartiene sempre ad entrambe la tenacia, la voglia di raggiungere un determinato obiettivo pur non seguendo la strada diritta, compiendo dei grandi giri, dei percorsi alternativi rispetto alla strada principale. Credo inoltre, che l’importante non sia arrivare alla meta, ma affrontare il “viaggio”, trarre insegnamenti dal percorso che si è compiuto.
Esiste un “fenomeno propiziatorio” che l’ha spinta a far cinema, oppure una esperienza che ha confermato le sue attitudini di attrice?
Penso che mi abbia guidato una sorta di piccolo demone.
Tornata dal viaggio in Amazzonia, per guadagnare un po’ di soldi ho cominciato a lavorare come modella per i fotografi, talvolta indossando biancheria intima. Tuttavia, dentro me c’era questo demone che la “sapeva lunga”, il quale mi ha suggerito di cercarmi un agente, e di lavorare nel campo della pubblicità dove pagano benino, visto che mi mantengo da sola.
L’agente in questione mi ha detto che stavano cercando l’attrice protagonista per il film “Il corpo dell’anima” di Salvatore Piscicelli. Ho partecipato ai provini e, su 400 ragazze, hanno scelto me. Insomma, mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto, anche se…
Era la prima volta che prendevo in mano un copione, non ne sapevo assolutamente nulla. Ho chiesto agli addetti ai lavori cosa significasse la scritta M.D.P., e loro mi hanno risposto: “macchina da presa!”.
Attrice sì, ma anche antropologa.
L’antropologia studia scientificamente l’origine dell’uomo, ma anche le “manifestazioni” di questo animale sociale.
Secondo lei, l’atteggiamento assunto da tale disciplina, non ha corrispondenze con quello proposto dall’arte cinematografica?
Sì. Molti credono che l’antropologia si rivolga alle società primitive, mentre questa disciplina spiega i fenomeni culturali. Se prima un fenomeno culturale poteva essere un vaso di terracotta, ora può rappresentare la pubblicità, il cinema, ecc.
Questo mi piace dell’antropologia, il poterla applicare al cinema, alla professione di attrice, alla vita. La dialogica che si instaura tra una persona e tutto ciò che questo essere ha dinanzi a sé; l’alterità in generale. Nel momento in cui mi rapporto all’altro, che può essere un attore, una cultura, una civiltà, ecc., provoco in lui un cambiamento. Tale cambiamento si sviluppa con l’interazione, in merito alla mia presenza condizionante, ma anche perché interpretando l’altro non lo rendo uguale a ciò che realmente egli è. Ciascuno possiede un proprio bagaglio culturale e se ne serve per valutare la realtà circostante.
Io interpreto a mio modo un attore, un film, una situazione: gli altri interpreteranno me, e saranno causa della mia evoluzione.
Questo continuo modificarsi della propria personalità, del proprio essere è bellissimo; è come un cerchio che non si chiude mai…
Dagli ambiti professionali di cui si occupa, antropologia, cinematografia e webmaster, si evince che per Raffaella Ponzo la “comunicazione” è fondamentale: ci esponga la sua idea di comunicazione.
Sappiamo che ha fondato insieme ad altre tre persone, il portale www.palcoscenico.it.
Fondamentalmente sono una persona molto introversa, fino all’età di 10 anni non parlavo con nessuno. Poi, il mondo di Internet, nuovi rapporti sociali virtuali, incontri con persone cui puoi parlare di te, liberamente, senza mostrarti. La rete mi stava catturando, come intrappola molti giovani oggi, ma fortunatamente ne sono uscita, sono guarita da questa “malattia”.
Parafrasando un noto conduttore televisivo: “Si faccia una domanda; si dia una risposta”.
Lo sapevo che ci sarebbe stata una domanda che mi avrebbe trovata impreparata!
Cara Raffaella, con tutte queste attività che tieni, cosa vuoi fare da “grande”?
Da grande voglio fare la bambina: questo mi risponderei!
Siamo nell’anno 3000, cosa ricordano i fans e la gente dell’attrice Raffaella Ponzo?
Se rimarrà nel 3000 la videocassetta de “Il Corpo dell’anima”, resterò impressa per una scena erotica.
Quello che mi piacerebbe ricordassero, però, è un altro fatto. Nella vita non è detto che una persona debba cominciare ad “essere” una “cosa” e completarla necessariamente. Si possono intraprendere diverse strade, che un po’ ci fanno smarrire e capire quanto sia bello, importante aver compiuto molteplici esperienze. Insomma, vorrei che gli uomini dalle grandi teste calve, con corpicini di piccole dimensioni, abitanti dell’anno 3000, si divertissero a sguazzare nella confusione mentale di Raffaella Ponzo!
Quale messaggio deposita ai “scrilettori” della webzine Centraldocinema?
Andate al cinema, e andate a vedere, soprattutto, i film italiani!